Archivio | ottobre 2007

Foglie secche e bagnate…

… ce ne sono ovunque stamattina, dopo la burrasca dei giorni scorsi.. Osservandole, mentre guidavo, mi mettevano tristezza, già avevano dovuto subire la metamorfosi del cambio d’abito, da verde a giallo o arancio o marrone, ed ora giacevano senza vita, fradicie… sono forse come i sogni che perdono consistenza, si imbevono di quotidianità, di difficoltà e finiscono per marcire lungo la strada, sui campi?…

Squarcio di sole,

speranza d’umore

labile vaga.

Ascolto Jacob di Cesare Picco (per merito di Tendarossa che pazientemente mi ha inviato un paio di versioni del brano, vista la mia cronica incompetenza informatica), chissà che l’andamento vivace del pianoforte innalzi il velo di malinconia e di malessere che mi porto addosso…

Il corso si è concluso con un crescendo impegnativo, la scorsa settimana, mi ha prosciugato psicologicamente e fisicamente.. Devo ancora riprendermi! 😉

Giovedì era stato tutto un fervore di scrittura, sabato il gran finale, dalle 15 alle 22, tutti insieme a scrivere qualche pensiero prima e poi a ritagliare riviste per ore, per comporre un cartellone sulla nostra vita, ognuno poi ha illustrato le sue immagini e le sue scelte: assolutamente meraviglioso! Alla fine abbiamo cenato insieme, ad ora tarda.. Da allora mi sono sentita frastornata, come avessi fatto il pieno di emozioni e ci fosse ora il bisogno di lasciar decantare l’esperienza e percorrerla con più calma. Ho regalato ad ogni persona un augurio in relazione al simbolo scelto, che ho stampato di lato al foglio, oltre a trascrivere poesie, una diversa dalll’altra, di autori diversi, in base a ciò che sentivo essere adatta… un lavoro notturno di ore fra venerdì e sabato, ma visto che avevo ricevuto tanto, sentivo di voler ringraziare ogni compagno di viaggio in modo personalizzato :-)..

Venerdì sera ero stata all’incontro "RIFIUTIAMOCI" a Montecchio Maggiore, uno dei relatori era Alessandro (www.alex321.splinder.com), molto interessante, da lui troverete maggiori dettagli e notizie in merito.

Ho iniziato questo post un paio d’ore fa, nel frattempo il sole ha mandato in vacanza su altri orizzonti le nuvole, forse verso sud.. e mi ha telefonato Vera Benelli, della Libreria delle Donne di Milano, mi ha riempito di gioia… seguiranno aggiornamenti!

Last but not least, ho acquistato una nuova fotocamera, così finalmente Sofia può riavere la sua e durante il lungo fine settimana dei Santi spero di poter dare inizio alla sperimentazione.. 🙂

Buon proseguimento di settimana…

In un campo ho veduto una ghianda:
sembrava così morta, inutile.
E in primavera ho visto quella ghianda
mettere radici e innalzarsi,
giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire:
eppure questo miracolo si produce
mille migliaia di volte
nel sonno di ogni autunno
e nella passione di ogni primavera.
Perchè non dovrebbe prodursi 
nel cuore dell’uomo?

K. Gibran

Questa voce è stata pubblicata il 31 ottobre 2007. 5 commenti

La penna fatica a tenere il passo….

"Fissate i pensieri del momento"…

 

Giovedì sera.

Mentre viaggiavo per venire qui, al corso, pensavo a cosa poteva evocare la musica in sottofondo, agli strumenti che si contendevano lo spazio; al cielo che seppur fosse scuro si poteva comprendere come era “mosso”, tutto un movimento di nubi; alle persone che ho coinvolto nella condivisione del corso, ai cerchi che si allargano quando vai “oltre”, a quante finestre si aprono su di uno spazio che pare infinito da quanto è esteso; a tutti i libri che ho acquistato di recente e che non so come farò a leggere; all’itinerario del prossimo viaggio; ai progetti che si accavallano nella mente e che premono per trovare uno spazio aperto nel quale esprimersi concretamente; al desiderio di comunicare, condividere, acquisire storie, ricami di esperienze, cruciverba di personalità, essenze forti di provenienza diversa.

E allora il cammino appare sempre più interessante, a tratti largo, a tratti stretto, quando la diversità è difficile da accogliere .

C’è una persona che ha aperto angoli di me che attendevano spigolosi e nascosti, ora si allargano sino a diventare onde…

 

Giovedì notte.

E’ tardi, stavolta è proprio tardi. Sono uscita dal corso dopo mezzanotte, c’è un desiderio di attardarsi,  per gli ultimi saluti, gli ultimi sguardi, come se si volesse prolungare il clima condiviso.

Piovono foglie sul vetro, sono piccole, altre fanno un girotondo scomposto sull’asfalto illuminato dai fari. Sono assorta, frastornata, mi pare di non poter contenere ciò che mi anima, ciò che scorre dentro me, ho fatto il pieno di emozioni, infatti ho caldo e sarò di sicuro color amaranto!

Ah, se potessi fare una “fotografia” di questo momento, come mi piacerebbe.. Fotografare l’anima, i sentimenti, perché la bellezza si potesse conservare come è in questo momento, magari dopo può essere più intensa, maggiore, ma sarà diversa.

Forse è per questo che amo le fotografie, trasferiscono momenti verso il futuro.

La stanza era simile ad un abbraccio in alcuni momenti, un caldo abbraccio, a volte un po’ ruvido, come quando uno indossa una maglia di lana grezza, ma spontaneo.. un abbraccio di parole, di sguardi, di penne che partoriscono scoperte, penne che si sforzano di tenere il passo ai pensieri, alle emozioni. Ha un incarico importante la penna, esprime il nostro “roveto ardente”, la nostra voglia – manifesta o meno – di rivelazioni. Ah, il vedersi rinascere, come diceva Silvia! Guai se la penna si fermasse, sarebbe un tradimento in questo viaggio che non può fermarsi, a questo filo che si sta srotolando, che si libera dai nodi, dalle asole. Vorrei che la notte non mi richiamasse al sonno, al bisogno di dormire, domani si lavora, vorrei fosse una notte infinita… Per ripercorrere ciò che ho appena vissuto, il sogno si mescola alla realtà, le rose, i glicini, invitano a fermarsi nella panchina verniciata di bianco…

Stasera si è fatto tardi, ma le parole non potevano rimanere nascoste, le emozioni premevano per avere un vestito colorato con cui presentarsi, le ore volano, la penna è fiera di essere la messaggera di questa maratona di immagini, ricordi, fruscii dell’anima, pantomine del cuore, prospettive in verticale, movimenti del sottobosco interiore.. Siamo quasi alla fine di questo viaggio speciale, niente valigie da riporre, semmai sogni da coltivare…

Il sonno tarda, il vento crea musica disordinata…

 

 

  *      *       *       *      *        *       *        *        

 

Canto d’amore per le parole

 

Perché abbiamo paura delle parole

quando sono state mani dal palmo rosa,

delicate quando ci accarezzano gentilmente le gote,

e calici di vino rincuorante

sorseggiato, un’estate, da labbra assetate?

 

Perché abbiamo paura delle parole

quando tra di loro vi sono parole simili a campane invisibili,

la cui eco preannuncia nelle nostre vite agitate

la venuta di un’epoca di alba incantata,

intrisa d’amore e vita?

Allora perché mai abbiamo paura delle parole?

 

Ci siamo assuefatti al silenzio.

Ci siamo paralizzati, temendo che il segreto possa dividere le nostre labbra.

Abbiamo pensato che nelle parole giaceva un folletto invisibile,

rannicchiato, nascosto dalle lettere dalle orecchie del tempo.

Abbiamo incatenato le lettere assetate,

vietando loro di diffondere la notte per noi

come un cuscino, gocciolante di musica, sogni,

e caldi calici.

 

Perché abbiamo paura delle parole?

Tra di loro ne esistono di incredibile dolcezza

le cui lettere hanno estratto il tepore della speranza da due labbra,

 

e altre che, esultando di gioia

si sono fatte strada tra la felicità momentanea di due occhi inebriati.

Parole, poesia, teneramente

hanno accarezzato le nostre gote, suoni

che, assopiti nella loro eco, colorano, una frusciante,

segreta passione, un desiderio segreto.

 

 

 

Perché abbiamo paura delle parole?

Se una volta le loro spine ci hanno ferito,

hanno anche avvolto le loro braccia attorno al nostro collo

e diffuso il loro dolce profumo sui nostri desideri.

Se le loro lettere ci hanno trafitto

e il loro viso si è voltato stizzito

ci hanno anche lasciato un liuto in mano

e domani ci inonderanno di vita.

Su, versaci due calici di parole!

 

Domani ci costruiremo un nido di sogno di parole,

in alto, con l’edera che discende dalle sue lettere.

Nutriremo i suoi germogli con la poesia

e innaffieremo i suoi fiori con le parole.

Costruiremo un terrazzo per la timida rosa

con colonne fatte di parole,

e una stanza fresca inondata di ombra,

protetta da parole.

 

Abbiamo dedicato la nostra vita come una preghiera

chi pregheremo… se non le parole?

 

Nazik al-Mala’ika

 (Iraq)

 

Da “Non ho peccato abbastanza”, antologia di poetesse arabe contemporanee

 

Questa voce è stata pubblicata il 26 ottobre 2007. 4 commenti

Per il disarmo del Burundi

Riporto la email ricevuta dal Centro Kamenge – Bujumbura Burundi con un invito a sottoscrivere l’appello al Presidente per il disarmo.

A questo indirizzo potete sottoscrivere l’appello oppure stamparlo per farlo firmare.

http://www.assamicispagnolli.org/indice_IT.htm

Cari amici!

Nonostante l’arrivo della democrazia nell’agosto 2005, le armi leggere che circolano in Burundi sono ancora moltissime. Vengono usate da bande armate e piccoli gruppi che circolano di notte per rubare, oppure da ex-militari e ribelli che tornati a casa dalla guerra non trovano lavoro, oppure ancora da ragazzi disorientati e psicologicamente provati dalle atrocità vissute nella guerra civile dalla quale il Burundi sta uscendo. I massacri, le atrocità dei macete ed i 14 anni di guerra “a bassa intensità”, hanno impoverito la popolazione burundese a tal punto che oggi le armi leggere si rivelano spesso un mezzo scelto per uscire dall’estrema povertà. Si incrementano così la violenza, la piccola criminalità e la corruzione e rallenta ulteriormente il processo di pace e democratizzazione del Paese.

Ora che la guerra è terminata, è fondamentale che il Governo burundese si impegni nell’eliminazione delle armi per dare un segno forte alla popolazione burundese nell’istituzione di una vera democrazia basata sulla fiducia tra i cittadini e tra cittadini e politici.

 
Chiediamo dunque:
che le operazioni di disarmo totale della popolazione civile burundese, iniziate con la supervisione dell’ONU già nel 2005, vengano portate a termine e un controllo costante sulle azioni di compra-vendita di armi in Burundi.

Aderisci anche tu, sottoscrivendo la lettera (in visione sul nostro sito) che invieremo il 15 dicembre al Presidente del Burundi e ai Rappresentanti dei Partiti burundesi e per conoscenza ai Ministri degli Esteri dei Paesi Europei e ai rappresentanti della Comunità Europea affinché diano il loro totale appoggio a questa iniziativa. 
                                               Il Centre Jeunes Kamenge
                                Padre Claudio Marano e i 28.000 iscritti del Centre Jeunes Kamenge

Questa voce è stata pubblicata il 25 ottobre 2007. 2 commenti

Il corso continua: i pensieri, i simboli, le nuvole…

Passano i giovedì ed ormai il corso è agli sgoccioli, che senso di rammarico…

Nella quarta lezione la prima consegna è di fissare il pensiero del momento nel quaderno piccolo.

Stasera non mi ritrovo pensieri poetici… Uff! E poi fissare il pensiero: e dove? E quale?.. “Mamma vai all’autobiografia? Chissà cosa ti fa fare stasera!” J

Ricopiando la sintesi della terza lezione mi pareva uscisse troppo impersonale, con meno passione delle precedenti e sì che mi ero divertita a fare gli haiku; forse che l’ascolto coinvolge meno che il rimescolare i propri “fatti del passato”? Non mi pare, visto che non mi perdo una parola, uno sguardo, un gesto, dei miei compagni di viaggio, anzi, visto che solitamente sono veloce nell’eseguire i compiti, mi piace osservarli mentre scrivono, cancellano, spostano, ricopiano e penso malinconicamente che questa esperienza volge all’epilogo e non mi par giusto…

Mi viene da pensare al dopo, a che “uso” farò di queste preziose escursioni nell’animo umano, in particolar modo femminile, alla traccia che resterà in me ed intorno a me, visto che l’ho condivisa anche con persone che non sono qui fisicamente.

 

Dopo aver scritto, ascolto il pensiero del momento per gli altri e riguarda: immagini del quotidiano, figure familiari, un esame di coscienza della giornata che lascia l’amaro in bocca per il senso di incompiutezza, il desiderio di tradurre in parole le sensazioni che si sperimentano, parlare di libri e non avere il tempo per leggerli, immagini della natura al mattino nel tragitto verso il lavoro, voli di uccelli, improvvisazioni che richiamano gli haiku, pausa con la mente, distacco dal quotidiano mentre si è qui, il confronto con gli altri perché hanno qualcosa che a me manca…

Incredibile come si manifestino, in così poche persone (14), pensieri e posizioni così diverse l’una dall’altra..

 

Il prof cita Nietzsche “Ci vuole il caos vero e  proprio per partorire una stella che danza”.

 

(Ecco perché io, nel timore di non partorire stelle che danzino, domenica invece di dedicare il mio tempo agli indumenti, armadi e quant’altro, ho letto, pedalato nella campagna, accolto i miei genitori di ritorno dalle vacanze.. )

 

Seconda consegna: “Individuate un simbolo per la vostra vita”.

Ho impiegato un secondo: la nuvola J

Inutile dire che i sorrisi si sono sprecati quando è stato il mio turno.. sono troppo trasparente! 😉

La nuvola come movimento, apertura ai cambiamenti, alle trasformazioni,  pronta ad accogliere il vento e a trovare un equilibrio con esso per le forme da esprimere…

 

Ancora una volta magnifica la diversità, mi considero fortunata ad essere immersa per alcune ore alla settimana in questo universo variegato, colorato, con il magma che preme sotto la crosta del quotidiano, del formale, della consuetudine… che scintille escono!

Per alcune persone il simbolo è l’albero – radici ben piantate per terra, ma con i rami che si protendono verso l’alto, verso la fantasia, l’immaginazione -, una stradina secondaria – il fascino dell’inconsueto, il percorso al di fuori dei tragitti segnalati – , il tao – due componenti che si contrappongono -, l’altalena – un alternare stati d’animo felici ad altri più cupi – , una matassa ingarbugliata – non c’è chiarezza, desiderio di dipanare – , una bilancia – il voler equilibrare ogni cosa – , lo zaino – desiderio di partire, di libertà dai condizionamenti – , il mare – vasto,profondo, in movimento, del quale non si intravedono i confini – , una matita – permette la correzione, da un tratto di matita partono grandi progetti, grandi opere -, la nuvola – che nasconde ed anche come cambiamento.

 

L’ultima consegna è per la composizione di un haiku, che contenga e rappresenti il proprio simbolo, nel quale la sillaba iniziale sia identica a quella finale…   E ti pareva che non  finisse per diventare difficile! 😉

Una fatica la storia delle sillabe…

Questo è il mio haiku:

 

Richiamo di avventure,

nuvola trasformata dal vento,

gioco senza confini,

nuove forme e colori.

 

Ma come mai costringerci a queste sillabe uguali?

“Per racchiudere la nostra vita in qualcosa che era già iniziato, per diventare ciò che siamo, perché dobbiamo fare sempre i conti con i cambiamenti”.

 

 

Questa voce è stata pubblicata il 24 ottobre 2007. 5 commenti

Libreria delle donne, libri, protesta del comodino…:-)

Guai a scoperchiare il vaso di … me stessa 😉

E’ tutto un ribollire di idee, progetti, ricerche, ma il comodino (foto a lato) sta protestando perché non sorregge più il peso dei libri che vorrei avere comodi da sfogliare o leggere.. Da quelli di poesie che desidero aprire a caso, scegliendo l’autore a seconda dello stato d’animo – per esempio domenica, con la luce splendida che c’era, era adattissima la raccolta di Emily Dickinson – a quelli di recente acquisto  dei quali vorrei almeno leggere qualche pagina, in attesa di tempi migliori… E che dire di quelli acquistati ieri che ho temporaneamente adagiati sul morbido tappeto ai piedi del letto J

Ieri ero a Milano per lavoro, il capo aveva un appuntamento alle 1030, ne avevamo uno insieme alle 13, mi ha lasciato in capo al mondo e ho dovuto spostarmi con i mezzi pubblici. Chissà perché io mi sento goffa quando li devo utilizzare, mi danno la sensazione di essere in balia del lupo cattivo e dispettoso 😉

L’autobus non arrivava, altro che ogni dieci minuti, il primo è arrivato dopo venticinque minuti! Salgo e prima figura da provinciale, non entra il biglietto dove devo convalidare, c’è uno spazio troppo angusto, cominciamo bene. Chiedo e mi indicano un altro aggeggio più avanti; c’è una ragazza appoggiata sopra, chiedo se posso convalidare, si offre di farlo lei, malauguratamente il biglietto le scivola dalle mani e va a prendere residenza sotto la plastica del sedile a fianco: impossibile farlo uscire da sotto la fessura L La ragazza cerca in tutti i modi, attirandosi gli sguardi di disapprovazione della vecchina che ci sta seduta sopra. E’ contrita, vuole pagarmi il biglietto, le dico di non preoccuparsi, vorrai mica che salga il controllore proprio oggi e poi servirà a qualcosa la mise elegante con tailleur nero e sciarpa azzurra! 😉 Scendo alla Stazione Centrale, chiedo per Piazza Cinque Giornate, può prendere il tram n. 9, sta per partire di fronte all’autobus, mi precipito giù, taglio la strada al mezzo, attraverso i binari, “Signora,ma non si fa così!” , urla l’autista dal finestrino… figurati, questo pensa di stare in Svizzera! Prova tu a salire in un tram che non ha nessuna indicazione del percorso, non sai a che numero di fermata devi scendere.. Chiedo ad una signora molto gentile che mi raccomanda di contare tre fermate dopo la sua. E così arrivo alla Libreria delle Donne. Entro con un senso di timore reverenziale verso questo luogo, simbolo del percorso femminile dal punto di vista politico, culturale, sociale. Mi accoglie Vera, dolce e disponibile, mi cerca alcuni titoli dal mio foglio “acquisti in libreria” – un giallo di Fiorella Cagnoni, per me,  ed una lettura del Qoelet dal sud del mondo di Antonietta Potente,per un dono – ma inevitabilmente il budget viene sforato. “Non so se conosci la nostra rivista, Via Dogana, è appena uscito il numero 82, di settembre… Ti consiglio questo libro ‘Non credere di avere dei diritti’ (La generazione della liberta’ femminile nell’idea e nelle vicende di un gruppo di donne) anche se non hai tempo ora, conservalo e leggilo un po’ alla volta.. Vedo che ami la poesia, se vuoi ti faccio vedere anche il mio libro di poesie ed opere artistiche, Finestra sul mondo… “ E così ho avuto la dedica sul suo libro di poesie ed un segnalibro fatto da lei… Mi ha mostrato la sala dove si incontra il Circolo della Rosa ed invitato a partecipare a qualche evento organizzato da loro nei sabati pomeriggio..  Mi sono ritrovata con cinque libri ed una rivista nella borsa di tela, maggiorazione di spunti ed idee per la testa – semmai ce ne fosse stato bisogno – ed un irrefrenabile desiderio di condivisione e lettura J 

Questa voce è stata pubblicata il 24 ottobre 2007. 2 commenti

Identità femminile, linguaggio femminile..

La foto è stata scattata da Sofia, ad Albi, Francia, poco dopo un temporale.

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E alla fine lunedì nel tardo pomeriggio, con corse ed organizzazioni varie per gli orari, sono riuscita, assieme ad un’amica, S., ad andare ad ascoltare Luce Irigaray, presso l’Università di Verona. E’ stata la presentazione del libro "Oltre i propri confini (Parole sulla differenza)", che raccoglie un ciclo di sue conferenze, a partire dall’amore e da un cammino per insegnare ad amare, alla necessità di ripensare una democrazia politica, sulla violenza delle donne, sulla felicità. La necessità del dialogo, di aprirsi all’altro, il ritorno alla natura e tanti altri spunti interessantissimi. Alla fine un breve dibattito.

E’ affascinante sperimentare come ad ogni porta che si apre, nella ricerca della conoscenza, se ne presentino delle altre, con dei colori vivaci, che risulta impossibile non proseguire il cammino..

Nota divertente: una delle persone che era intervenuta con qualche quesito all’Irigaray, incrociandolo alla fine della conferenza, mi ha fatto un magnifico sorriso, io ho ricambiato. Poco dopo, mentre attendevo S. che era in fila per acquistare il libro, mi ha "attaccato bottone" prendendo spunto dalle domande che aveva posto, partendo con una dissertazione filosofica su alcuni punti, dandomi del tu, precisando che è un accademico.. Io mi sentivo terribilmente in imbarazzo perchè mi pareva un tantino "non a piombo", ma non volevo essere scortese, così tra l’annuire e  tentare qualche sortita leggera lanciavo occhiate speranzose a S. che si sbrigasse a fare gli acquisti. Alla fine mi ha salutato con grande confidenza, dandomi un arrivederci a presto 🙂

Appena uscite nel chiostro, siamo scoppiate a ridere. S. mi apostrofa con : "certo che hai la calamita per i tipi particolari!".. Ma che colpa ne ho io che ero lì con la cartellina degli appunti in mano, con lo sguardo assente mentre la mente passava in rassegna le parole appena ascoltate! 😉

Sabato ho sforato il budget, con meno sensi di colpa vista la data speciale, acquistando tra le altri una raccolta di poesie di poetesse arabe contemporanee curata da Valentina Colombo, "Non ho peccato abbastanza". La considero splendida, femminile e vi propongo questa poesia che va in abbinamento alla fotografia iniziale e che io ho letto all’uomo delle parole…

Linguaggio segreto

 

La pelle della donna sogna qualcuno che la possa leccare

i suoi capelli sognano la mano che li districhi

la sua mano sogna il sudore annidato nel palmo dell’altra mano

le sue labbra sognano l’ardore del bacio

le sue ginocchia sognano due baci distinti

il capezzolo sogna qualcuno che lo succhi con passione

il collo sogna qualcuno che lo abbracci con un tenerezza dolorosa

il corpo sogna qualcuno che lo stringa senza tregua

il cuore sogna che i suoi battiti comunichino con un altro cuore

l’anima sogna qualcuno che la ospiti

i piedi sognano di camminare con questo ospite

e le braccia sognano di cullarlo per farlo addormentare

gli occhi sognano una lingua segreta che non ha bisogno di parole

l’orecchio sogna di udire il suo nome nell’immaginazione dell’altro

quando tutto è arido, i fiumi sognano l’esuberanza.

 

Zhabiya Khamis

(Emirati Arabi Uniti)

 

 

 

Questa voce è stata pubblicata il 18 ottobre 2007. 10 commenti

Haiku ed autobiografia

Con la terza lezione si va sul creativo, addirittura con la consegna di creare degli haiku (componimento poetico giapponese con tre versi, da 5-7-5 sillabe). Dapprima una breve lezione sulle similitudini dell’haiku con l’autobiografia, essendo una metafora straordinaria della stessa, crea atmosfere particolari; la concretezza della vita quotidiana si congiunge al senso del mistero e della profondità, quella particolare atmosfera che viene definita "lo yugen". Come nell’haiku, anche ciò che succede nella vita è sempre reinterpretabile e quindi una riflessione a partire da un dato concreto. Con l’ “esame di coscienza” valutare la giornata per percepirne il senso. Secondo lo studioso francese Barthes, l’haiku ha queste caratteristiche: la concisione, l’improvvisazione, la purezza, la sfericità di una nota musicale, il vuoto che c’è fra una nota e l’altra. Il professore si è soffermato sul significato orientale ( citava anche il TAO) del vuoto, ad esempio si costruisce il vaso ma è più importante il vuoto contenuto fra le pareti che poi conterrà il liquido. “E’ evidente, osservandone la struttura, che l’haiku è capace di liberare simboli e metafore. Soggetto ed oggetto si confondono, come nell’autobiografia. Ancoraggio alla realtà per andare oltre, un legame fra un fatto naturale ed un fatto umano, l’insignificante acquisisce significato. La totalità è l’unico modo  per cogliere la particolarità.

Ed ora la consegna : scrivete tre haiku , che contengano le parole : feritoia, crisalide, opacità. Nessun vincolo per le sillabe. ”

 

Devo dire che mi sono divertita stavolta, non l’ho sentito come un compito incompreso ma uno stimolo per la propria creatività.. Ho scritto le tre parole su un foglio, ho iniziato a metterne delle altre vicino con delle frecce per collegarle e in dieci minuti ho trascritto i miei tre haiku, nessuna limatura, rilettura, rifinitura: se devono esprimere una metafora che viene dritta dritta dall’irrazionale non si possono abbellire e agghindare! J

 

La passione

trasforma la crisalide in farfalla.

Vivo.

 

La nuvola,

anche se di forma strana,

passa attraverso la feritoia.

L’ombra e la luce.

 

Lento

fluisce il fiume.

La terra genera opacità nell’acqua.

 

Lettura dei propri haiku, chi tre, chi sei, chi nove, tentativo di interpretazione e di individuare un filo conduttore. La bellezza della diversità nel significato delle parole, lo scambio, il tentativo di superare il proprio orizzonte, le mie domande frequenti per comprendere meglio la prospettiva altrui (prima o poi il prof mi caccia dal corso).. Il tentativo di interagire con il mondo personale di ciascuno, per niente semplice, ma troppo affascinante per non provarci…

 

Se dovessi creare un legame: la crisalide passa attraverso la feritoia per non rimanere nell’opacità, ma mi rendo conto che può apparire banale il voler a tutti i costi creare un filo.

Opacità intesa come banalità , un essere fermi, senza  increspature, un essere piatti.

 

 

Ma perché queste tre parole? “Sono parole di confine, i significati si possono porre da una parte o dall’altra”.

 

Ed era ciò che  emergeva nell’ascolto delle composizioni altrui: queste crisalidi che divengono farfalle e poi crisalidi e poi di nuovo farfalle, dalla protezione o oppressione alla liberazione, alla realizzazione di sé, in taluni casi all’amore. Feritoia un vedere il mondo da uno spazio ristretto, oppure valorizzare tale riquadro, il gioco della luce, il cercare ciò che sta oltre. Da una feritoia, un piccolo varco nel muro, intravedere ciò che sta dentro, magari in stato di abbandono, oggetti morti ma vivi, cioè che hanno vissuto una loro storia, un loro quotidiano.

E che dire dell’opacità: da un senso di poca chiarezza: di acqua che da trasparente diviene torbida, dal fondo dello stagno con il fango, dal vapore sullo specchio, all’opacità vista con un senso di raffinatezza: la perla che non è brillante, la seta che non è lucida, ma ha una sua preziosa eleganza…

 

 

 

Questa voce è stata pubblicata il 18 ottobre 2007. 2 commenti

Il giallo di Sofia

Visto che è da un po’ di tempo che non nomino la Princi, che magari qualcuno pensa che l’ho ripudiata, ecco una foto che ha scattato lei a La Roque Gageac, nelle poche occasioni in cui aveva la sua fotocamera a disposizione, visto che per il resto la utilizzavo io…;-)

E’ un periodo di grande tenerezza fra noi due. Qualche sera fa, mentre le leggevo delle fiabe, mi ha chiesto : posso sdraiarmi su di te che mi abbracci tutta?… 🙂

 

Giallo per augurare un fine settimana solare, oggi ad esempio il cielo è splendidamente terso, per trovare del "giallo" inteso come luce, in ciò che compiamo e nelle persone che incontriamo..

La mia luce in questo momento è un’insieme di affetti, relazioni ed ovviamente il corso di autobiografia che ieri sera ha affinato il clima e mi pareva un cenacolo di profonda umanità. Il professore ci ha dato come compito per la serata di comporre degli haiku comprendenti tre parole: crisalide, feritoia, opacità… vi racconterò 🙂

Stamattina, mentre guidavo e ripensavo agli scambi di ieri sera, mi è venuto da sorridere, io non scriverei come Marcel Proust  "à la recerche du temps perdu", bensì à la recerche du temps pour vivre… 🙂 Perchè non ho tempo abbastanza, non solo per fare cose, per dormire, ma per conoscere, crescere, relazionarmi.. Anche se questa esperienza in corso credo che sia un’ottima occasione sia per conoscere che per crescere.

E sull’onda di questo desiderio, salvo imprevisti, lunedì nel tardo pomeriggio vorrei ascoltare una conferenza di Luce Irigaray, filosofa francese presso l’Università di Verona, dipartimento filosofia dal titolo : "Oltre i propri confini. “La differenza sessuale è il migliore passaporto per passare da una cultura a un’altra.”"

Ho iniziato a leggere "Ogni viaggio è un romanzo" -19 incontri con scrittori di Paolo Di Paolo-  e nel capitolo di Melania Mazzucco mi ha colpito la frase : "…ecco perchè penso alla lettura e alla scrittura come ad un fantastico incrocio di destini" (pag.109)

And last, but not least… domani è il mio compleanno.. lascio dolci, cioccolatini… non fate briciole però! 🙂

 

Questa voce è stata pubblicata il 12 ottobre 2007. 6 commenti

Si fa presto a dire scrivi…

… ma non è che venga l’ispirazione a comando, men che meno quando i "compiti" sono solchi da scandagliare dentro il proprio passato.  Sono lusingata dal successo che riscuote la mia esperienza di "corsista" autobiografica 😉

Seppur in un orario poco consono ad una che dovrebbe essere convalescente e riposarsi perlomeno quando è a casa, quaderno dei segreti sulle ginocchia – perchè non ho altro posto – cerco di raccontare ciò che è avvenuto nella seconda lezione.        

Si respirava un senso di attesa e di trepidazione, oltre ad una confidenza maggiore fra le persone, qualche sorriso più aperto ed accogliente, qualche battuta…

Il professore ci aveva donato nel primo incontro due quaderni, uno piccolo ed uno medio, raccomandando di conservarli con cura e di portarli con sè ad ogni incontro. All’inizio della lezione ci invita a prendere quello più piccolo e a fissare il pensiero del momento. O sarò io che in simili frangenti apro gli orizzonti verso luoghi lontani oppure ho una fissa del mare e delle nuvole 😉 Infatti il mio pensiero era di fronte all’oceano in movimento, così come lo avevo visto quasi due mesi prima, con onde e nuvole simbolo di passione, di trasformazione, come il mutare degli stati d’animo. Specialmente le nuvole avevano dei colori e delle forme che non ho visto in nessun altro luogo, erano speciali e vivissime..

Finito di scrivere ogni persona ha raccontato il suo pensiero e il sorriso è stato unanime quando ho parlato delle nuvole, mi identificano con esse 🙂

"Ora prendete il lavoro di scrittura libera dell’altra volta e sottolineate in tre modi diversi le parole che evidenziano: l’infanzia, la giovinezza, l’età adulta. Successivamente le segnate nel quaderno grande, una per pagina, in sequenza".

Ecco, ti pareva, a me non veniva di estrapolare alcun termine che si adattasse alla consegna ricevuta. Ma come, quando ho scritto non pensavo a questi momenti della vita ed ora come faccio a ricavarne degli indizi… Uff… Avrei lanciato i fogli in mezzo alla stanza.. E’ la mia reazione quando sono costretta a fare dei compiti che non riesco a comprendere. Mi assale un senso di ribellione e ho dovuto controllarmi per non passare per la bambina capricciosa e dispettosa 🙂

Mi è venuto subito alla mente un episodio che ha delle similitudini come reazione. Corso per il parto: non si può partecipare alle lezioni teoriche solamente, ma anche al corso di respirazione e rilassamento (inutile che qualcuno si metta a sogghignare). Cosa me ne faccio del corso di respirazione che tanto farò un parto cesareo.. Uff! Tutte stese sul materassino con una pancia che ti impediva di vedere i piedi, "Ascoltatemi, allungate le braccia, ora non sentite più le vostre braccia.. ora le vostre gambe" e via di seguito. Io che sentivo sia braccia che gambe, che mi scocciavo a stare lì, ogni tanto sbuffavo e allora "E. devi respirare con calma ed eseguire gli esercizi!" "Senta un po’, le MIE braccia e le MIE gambe decido io quando non le sento più, mica perchè me lo dice un altro!" , figurati se mi rilassavo a comando! Alla fine mi ha detto che era meglio se stavo seduta da qualche parte a leggere perchè ero un cattivo esempio 😉

Torniamo alle cose che hanno a che fare con la scrittura. Dopo una decina di minuti di battibecco interiore, prendo i fogli e cerco di impegnarmi. Ma io non trovo niente che possa riferirsi né all’infanzia né all’adolescenza, nel senso che la rimozione operativa su di me probabilmente mi impedisce di  scoprirle ed associarle. Oppure mi ostino a tenere chiuso il coperchio. Le parole ovvero frasi riferite a queste due situazioni sono sulla mancanza di ricordi, sull’assenza di storie da raccontare,i fili della memoria, mentre tutto il resto che ho sottolineato e poi riportato tendo ad inserirlo nella parte adulta: il desiderio di conoscenza, di accoglienza, di cammino, le nuvole, l’aprirsi a nuove prospettive, il gioco con Sofia, le nuvole che fanno ridere (le loro forme), le onde appassionate del mare, gli arazzi vivaci, la malinconia delle giornate corte, in autunno (sul tempo che ti accorgi non è più così vasto come prima), sul rifiuto dell’inverno (probabilmente riferito al rifiuto della morte, al desiderio di infinito) e così via.

Alla fine il lavoro è risultato diverso da persona a persona, anche a livello interpretativo. “Ognuno di noi da un significato alle parole, si declina in base alla propria esperienza”. Giro fra le persone, questa volta molto più lungo e inevitabilmente coinvolgente e ricco di emozioni… (a tal punto che G. sì è sentita poco bene e è stato necessario chiamare l’ambulanza.. Se avete problemi ad emozionarvi questo non è un corso che fa per voi! 😉 A parte gli scherzi era una congestione, per fortuna) . Proprio di lei avevo annotato una frase: “.. avevo così tanti pensieri nella testa, una gran confusione, che mi pareva una scatola di biglie che improvvisamente si apre ed esse corrono dappertutto..”.

Pensiero conclusivo : “Non essere condizionato da ciò che è più grande al mondo ed essere contenuto da ciò che è più piccolo al mondo, è cosa divina” Epitaffio di Sant’Ignazio di Loyola.  “Compiti per casa: prendere le pagine del quaderno dove avete annotato le parole e sviluppate ciò che significa ciascuna parola e frase riportate”.

Eh no, così non vale! Come faccio a fare i compiti, per giunta così difficili, se non ho l’ispirazione? Infatti devo ancora affrontare le pagine.. scolara indisciplinata? No, mi ha rimosso troppi aspetti con i quali non sono disposta a scendere a patti, ora.

Dopo una serata così intensa, una lunghissima e preziosa telefonata che si è protratta nella notte. “Perché ti ostini a vedere le cose solo nel modo che hai deciso? Perché non ti apri ad altre prospettive? Prova a trovare altre strade, altri significati… Non puoi non ricordare.”

E cominciavano a salire dei nodi, tutti aggrovigliati: le bambole, le dipingevo in viso le bambole con i pennarelli, odiavo i vestiti confezionati,

mettevo loro addosso delle stoffe colorate.. Detestavo dormire nel pomeriggio, mi nascondevo dietro al muro del corridoio, avevo un grembiulino a quadretti rossi, stavo ferma per non farmi scoprire, poi mi stropicciavo gli occhi, facevo uno sbadiglio e comparivo in cucina; anche all’asilo non volevo dormire, mi facevano punteggiare; invece alle medie non sopportavo applicazioni tecniche, mi facevano fare i lavori ad uncinetto, a me venivano delle scodelle di lana, altro che centrini, ho scelto latino, che liberazione; poi a 38 anni ho deciso di imparare a ricamare per mia figlia, ma quello è stato un gesto d’amore; mia madre mi impediva di giocare con la compagnia al mare, mi teneva al riparo dai pericoli “maschili” imponendomi il lavoro a ferri, mai più presi in mano; non giocavo con le compagne da piccola, mia madre non gradiva molto, non so perché.. però ho ereditato da lei l’amore per la scrittura. Lei ha spesso la penna in mano, per annotare, trascrivere, corrispondere con le sue sorelle e conoscenti, per farsi appunti… ed erano quasi le due di notte e le lacrime rotolavano in modo disordinato…

Non sono pronta ad accogliere i ricordi, sono troppo dolorosi.

(è tardi, non riesco a rileggere, pazientate con gli errori grammaticali)

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Il tuo compito
è sollevare la tua vita,
giocare con lei, lanciarla
come voce alle nubi,
a riafferrare le luci
che ci hanno lasciato.
Questo è il tuo destino: viverti.
Non devi fare nulla.
La tua opera sei tu, niente altro.
 
Pedro Salinas
"la voce a te dovuta"

 

 Buona notte!

 

 

 

Questa voce è stata pubblicata il 10 ottobre 2007. 6 commenti